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Stesse battaglie, ma con un cavallo diverso - Intervista Altrapagina



Stesse battaglie,
ma con un cavallo diverso
  
Oliviero Dottorini si ricandida alle regionali

Nei cinque anni trascorsi ha spesso combattuto da solo contro la sua stessa maggioranza. Ma ora deve spiegare ai suoi elettori perché è passato dai Verdi all'Idv. Ascoltiamolo
 

di Enzo Rossi

Oliviero Dottorini ci riprova. Si candiderà di nuovo alle regionali del marzo prossimo. E lo fa dall'alto di una esperienza di cinque anni di battaglie in consiglio regionale. Alcune vinte, molte altre perse proprio contro i suoi stessi alleati di centro-sinistra. E questo è forse il segno più importante della sua "diversità" politica. Una diversità che il consigliere regionale tifernate esibisce come un fiore all'occhiello. «Per noi - dice - anche le sconfitte sono medaglie. Coerenza e coraggio sono valori importanti, sono la testimonianza di un legame che hai stabilito con chi ti ha eletto». È vero. E nessuno può accusare Dottorini di aver disatteso le promesse fatte cinque anni fa in campagna elettorale. Lo testimoniano le sue - spesso solitarie - battaglie ambientaliste, le leggi che ha proposto e fatto approvare, i resoconti precisi con i quali aggiorna sistematicamente i suoi sostenitori. C'è una questione però sulla quale deve qualche spiegazione ai suoi elettori. Ed è quella che riguarda il suo passaggio dai Verdi all'Italia dei Valori.
Come mai questo "salto"?
«Prima di tutto, non si tratta di un mio salto...»
E di chi, allora?
«È stata una scelta corale di quasi la totalità dei Verdi dell'Umbria. Il 96%, per la precisione. E l'abbiamo fatta dopo che Veltroni nell'aprile del 2008 con la svolta maggioritaria ha contribuito in maniera determinante alla scomparsa di tutti i partiti a sinistra del Pd».
E così siete stati costretti a scegliere con chi stare?
«Sì. Nel centrosinistra umbro sono rimaste in piedi tre opzioni: Pd, Idv e la galassia comunista. Ci è sembrato che l'Italia dei Valori fosse la forza più compatibile con il nostro progetto: è la meno connotata ideologicamente, quella più capace di lasciarsi contaminare. Ed è anche quella che fa l'opposizione più rigorosa al governo Berlusconi».
Qualcuno dirà che siete andati con l'Italia dei Valori perché vi hanno promesso una rielezione sicura.
«No, non c'è alcuna garanzia, se non quella di una corsa libera e senza trucchi. Chi, come noi, fa politica per motivi ideali non chiede nulla e non mette sul tavolo possibili tornaconti».
Ma i Verdi sono scomparsi?
«No. E spero che non scompaiano. Purtroppo hanno partecipato alla disastrosa esperienza di Sinistra e Libertà. A livello nazionale c'è un gruppo che sta tentando di ricostruire le basi di una forza ecologista in Italia. E mi auguro che quel tentativo abbia successo». 
In Umbria però avete deciso di seguire un'altra strada, come mai?
«Sì, è una scelta diversa da un punto di vista strategico. Abbiamo deciso di fare entrare la nostra storia all'interno di una più grande, quella dell'Idv appunto. Vorrei però precisare: non siamo ospiti più o meno desiderati, ma classe dirigente a pieno titolo dell'Italia dei Valori».
Perché non siete rimasti con Sinistra e Libertà?
«Perché, per esempio, non ci convince il modo in cui si va alla ricerca del consenso...»
Tipo? 
«Beh, i metodi sono quelli dei socialisti, legati a rapporti individuali e diretti con l'elettore. Ci sono candidati che alle ultime elezioni provinciali non hanno attaccato neanche un manifesto e hanno ottenuto il 10-15% dei voti. Sono, insomma, modalità completamente diverse dalle nostre. Noi Verdi dicevamo sempre che non saremmo morti né comunisti né democristiani, figuriamoci craxiani».
Insomma, in Sinistra e Libertà dell'Umbria sono i socialisti a dettare la linea?
«Praticamente sì. Sinistra e Libertà è di fatto un partito socialista con una presenza marginale delle altre componenti».
In che rapporti siete con i Verdi?
«Ottimi. In Umbria il commissario dei Verdi ha deciso, assieme al gruppo dirigente nazionale, di non presentare candidati e di appoggiare me. La ritengo una cosa importante sul piano umano prima ancora che politico».
Il vostro impegno ambientalista, che ha caratterizzato la legislatura che sta finendo, subirà modifiche?
«Il nostro è stato un impegno ecologista e sociale. E non cambierà di una virgola. Dopo il nostro passaggio all'Idv ho votato contro la giunta per due volte con il sostegno del gruppo dell'Italia dei Valori: nel caso dell'allevamento di suini di Bettona e sulla legge elettorale. Tra poco l'Italia dei Valori promuoverà tre referendum: contro il nucleare, per la gestione pubblica dell'acqua e contro le leggi ad personam. Insomma, abbiamo con questo partito una compatibilità senz'altro superiore rispetto a quella che avremmo avuto in altri partiti del centrosinistra».
Eppure Di Pietro quando era ministro si dichiarò favorevole alla trasformazione della E45 in autostrada, una soluzione che voi avete sempre avversato.
«L'attuale programma dell'Idv prevede la messa in sicurezza della E45 e non la trasformazione in autostrada. La scommessa che oggi l'Italia dei Valori ha davanti a sé è quella di creare un partito a tutto tondo, che si occupi di ogni aspetto della vita, dall'ecologia all'economia alla società. Noi ci inseriamo in questo progetto e non arriviamo in un contenitore già definito».
L'Italia dei Valori è un partito fortemente caratterizzato dalla leadership di una persona, che spazio avranno le istanze dei civici che pure avete rappresentato in questi cinque anni?
«Beh, continueremo a fare quello che abbiamo fatto finora. Sui valori fondamentali, come ho già detto, non abbiamo mai accettato compromessi. E abbiamo sempre offerto a tutti coloro che partecipavano alle nostre riunioni uguali possibilità di decisione, a prescindere dal fatto che fossero o meno iscritti ai Verdi. E questo faremo anche in futuro. Del resto, a livello nazionale è l'Idv l'interlocutore principale dei movimenti civici, proprio perché è il partito più aperto alle contaminazioni».
Che rapporto avete con il vecchio gruppo dell'Idv locale?
«Buonissimo. C'è stata un'integrazione quasi naturale, senza alcun dissidio. E di questa disponibilità dobbiamo ringraziare tutti gli iscritti e i dirigenti dell'Idv locale. E poi non va dimenticato che già cinque anni fa Italia dei Valori e Verdi Civici si presentarono assieme».
In Altotevere parteciperanno alle regionali altri due concorrenti agguerriti, da un parte il sindaco Cecchini e dall'altra Lignani. Ci saranno voti sufficienti per tutti?
«Per quanto mi riguarda, ritengo di avere buone possibilità. Sicuramente più della volta scorsa».
Come mai il Pd locale, nonostante il tuo ruolo istituzionale, ha sempre cercato di oscurarti?
«Non penso lo abbia fatto tutto il centrosinistra, ma le nomenclature. La base del Pd mi ha percepito assolutamente come una figura non ostile. Del resto, il nostro sforzo è stato quello di lavorare per un centrosinistra più libero di esprimere le ragioni di un territorio. Gli imprenditori dell'Altotevere sono stanchi di andare a Perugia con il cappello in mano. Perché la realtà più dinamica della regione deve avere una piastra logistica che non ha il collegamento con la ferrovia? Perché nessuno è andato a Perugia a difendere la scelta di un liceo scientifico per Città di Castello? E chi ha approvato la sciagurata rimodulazione del flusso dei rifiuti che in pochi anni ha portato all'esaurimento della discarica?».
Parli come un oppositore, ma in realtà fai parte di questa maggioranza...
«Beh, ho evidenziato le scelte che ci dividono, su molte altre invece sono d'accordo. Altrimenti come avrei fatto a far approvare quattro leggi, tutte finanziate? 
E cosa riguardano queste leggi?
«Il commercio equosolidale: è stata la prima legge in Italia; il software libero che ha attivato tantissimi progetti sul territorio e anche l'amministrazione di Città di Castello ha ricevuto dei finanziamenti; gli acquisti verdi nella pubblica amministrazione e il marchio del mobile in stile dell'Umbria».
Sembra che tu nutra una sorta di odio-amore verso questa maggioranza e il suo principale partito. È così?
«Il Pd, lo ripeto, non è un monolite. Al suo interno ci sono tante forze fresche che desiderano un partito diverso, penso per esempio al gruppo dei "cento" di Città di Castello. Nessuno ha il copyright del cambiamento, non ce lo abbiamo noi, non ce l'ha il Pd. In ciascun partito ci sono delle forze che lavorano in questa direzione e che vanno valorizzate. E non sono certo coloro che hanno governato Città di Castello per tutti questi anni».
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